Quando ci si avvicina agli studi sul Cristianesimo in Cina, si viene sorpresi da un certo atteggiamento che viene da parte di studiosi cinesi, specialmente della Cina continentale, che definiscono il Cristianesimo come una “religione che viene da fuori, straniera”. Ora, tecnicamente è vero che il Cristianesimo non è nato in Cina, ma allo stesso modo non è nato in Italia o in Francia eppure in questi due paesi nessuno penserebbe a definire il Cristianesimo una religione straniera. Eppure in paesi come la Cina, dove il senso dell’identità è molto forte, c’è sempre stata la tendenza, che anche oggi persiste, di considerare il cristianesimo come “religione straniera”.
Credo che si sarebbe molto sorpresi nel meditare su questo tema, e su molti altri, leggendo il monumentale primo volume a cura di Nicolas Standaert, Handbook of Christianity in China, pubblicato dalle edizioni Brill. Un libro che tratta delle origini del Cristianesimo in terra cinese fino al 1800. Si viene sorpresi dalla mole di informazioni disponibili in questo testo, ma soprattutto è interessante soffermarsi su una data, 635. Secondo la stele di Xi’an, che risale al 781, in quella data un monaco della Chiesa dell’Est, anche detta “Chiesa Nestoriana” da alcuni, arrivò in Cina portando il Cristianesimo. 635! Nella Chiesa cattolica era da pochi anni passato il Pontificato di Gregorio Magno. Quindi, in un modo o nell’altro, il Cristianesimo è presente in Cina da quasi 1400 anni ed è certamente complicato poterlo ancora definire una “religione straniera”. Eppure c’è sicuramente una grande difficoltà per la penetrazione del vangelo in Cina, una difficoltà che ancora oggi si fa molto sentire e che spesso viene affrontata con compromessi che probabilmente non sono proprio le soluzioni migliori.
Nel testo citato sopra e curato da Nicolas Standaert si portano le evidenze per questa prima presenza cristiana, che vanno dalla stele di Xi’an già citata, alle testimonianze rinvenute nelle grotte di Dunhuang o alle fonti ufficiali disponibili della dinastia Tang, regnante a quel tempo. Nel libro di Standaert si fa anche cenno ad una ipotesi, a cui non viene dato molto peso, ma che se fosse vera avrebbe veramente del clamoroso, secondo la quale il Cristianesimo sarebbe stato portato in Cina nel primo secolo dall’apostolo Tommaso. Questa tradizione era presente nella Chiesa dell’Est già in epoca molto antica, intorno al 500, e fu poi ripresa dai missionari venuti dall’Europa più tardi. Se fosse vera, anche se gli studiosi non sembrano volerla avvalorare, significherebbe che il Cristianesimo sarebbe arrivato in Cina allo stesso tempo che è arrivato a Roma!
Ma, pur rimanendo ai dati storici più accreditati, il cammino del Cristianesimo in Cina è impressionante, con delle tappe particolarmente significative come quella già vista della Chiesa dell’Est nel settimo secolo, le missioni francescane nel tredicesimo secolo e quelle gesuitiche nel sedicesimo secolo, poi il lavoro missionario di tante altre congregazioni come i Domenicani, gli Agostiniani, i Benedettini, i Lazzaristi, le Missioni estere di Parigi, i Missionari di Scheut, etc.. uno sforzo missionario imponente che però venne messo in discussione nella prima metà del ventesimo secolo quando si constatava, non senza valide ragioni, che questa missione in terra cinese non aveva dato i frutti sperati. Certamente c’erano stati innumerevoli esempi di eroismo cristiano fra i missionari e nella popolazione locale, ma la Cina continuava ad essere per larga parte non cristiana. Rappresentante di questa posizione critica verso il metodo missionario fino ad allora osservato, fu il primo Delegato Apostolico in Cina (dal 1922 al 1933) Celso Costantini (1876-1958) che molto si rifaceva alle battaglie combattute da due figure chiave del mondo missionario cinese di quegli anni, i padri Lazzaristi Anthony Cotta (1872-1957) e Vincent Lebbe (1877-1940).
Leggendo le quasi 1000 pagine dell’Handbook of Christianity in China, ci si rende conto della complessità delle questioni trattate e di come queste riguardino non solo il metodo missionario, ma anche alcuni aspetti della mentalità Cinese. È un tema di grande fascino, anche perché si spera che la Cina possa giocare un ruolo importante nel futuro del cristianesimo, ma i tempi non sembrano ancora maturi.
In effetti le resistenze culturali sono ancora importanti, accentuate anche dalla svolta in senso consumistico nella Cina, il che non ha fatto altro che accentuare un certo materialismo. Eppure, come ho detto, fare la storia del cristianesimo in Cina è comunque rendersi conto di come essa sia luminosa per le grandi figure che l’hanno illustrata. Capisco la sollecitudine dei Papi verso questo grande paese, che potrebbe essere veramente la speranza del cristianesimo in un panorama di generale declino della pratica religiosa, una speranza che sarebbe promettente se ci fossero le giuste condizioni.