Negli ultimi decenni abbiamo assistito all’ascesa della potenza cinese, un’ascesa che è certamente comprensibile e meritata. Si tratta di un paese con una grandissima storia e cultura, il cui ruolo nell’agone mondiale non può che essere di primo piano.
Eppure gli evidenti progressi di questo paese sulla scena internazionale non sono automaticamente predittivi del ruolo che la Cina può avere non solofra gli stati sovrani, ma anche fra i popoli.
Esiste un hard power che viene esercitato nei rapporti fra gli stati e che si estrinseca nella misura effettiva della potenza di un paese e che è certamente importante. Non si può negare che le forze militari, la ricchezza della popolazione ed altri parametri contribuiscano all’immagine di forza di un paese, una forza che però non si trasforma in “simpatia” agli occhi dei popoli.
Per quello ci si affida al soft power, cioè alla capacità della cultura di un paese di entrare in risonanza con popoli al di fuori dei suoi confini. Pensiamo agli Stati Uniti (che molto hanno per essere criticati) che hanno saputo esportare la propria cultura attraverso la musica, l’intrattenimento, la tecnologia. Non è detto questo sia stato sempre un bene, ma è un fatto che non può essere negato.
La Cina, come detto, culturalmente è ben più ricca degli Stati Uniti ma forse non ha ancora avuto la capacità di esercitare questo soft power per motivi vari, esterni ed interni. Da una parte ci sono le diffidenze che non si possono negare, dall’altra c’è lo sguardo cinese che ad alcuni sembra sempre introspettivo e poco interessato a quello che accade fuori.
Credo la Cina dovrebbe investire molto per passare dal suo hard power, pur necessario, ad un soft power per cui avrebbe le risorse ma di cui sembra non aver ancora trovato la via più conveniente.